lunedì 17 ottobre 2011

Tai-Chi tua

Poliziotto che vigila su praticanti di Tai-Chi
Ho letto un bel libro quest'estate. La misteriosa morte della compagna Guan. Ambientato in Cina, a Shangai per la precisione, dove il protagonista Cinese, Chen Cao, un ispettore di polizia cinese, si barcamena tra il Partito Comunista Cinese e le ricerche per la soluzione di un caso Cinese. Ad un certo punto nel libro il protagonista e una ragazza (cinese)  di cui è innamorato vanno al parco (cinese) a fare Tai-Chi. Forse è stato il libro, forse la mia repressa passione per le arti marziali nata guardando Grosso guaio a China Town, che han fatto si che mi prendessi bene per questa disciplina (cinese) e così qualche giorno fa sono andato a una lezione prova (italiana, andare in Cina sarebbe stato uno sbatti). 
Il tai chi è una disciplina letale. Cioè è talmente lento che se guardi uno farlo, rischi di morire di noia.
No, in verità, credo che sia una disciplina molto affascinante (ma questi sono problemi miei) e un po' mi illudo che un giorno lo praticherò sotto i pioppi secolari del parco di piazza Tirana sotto lo sguardo allibito degli zingari che escono dai furgoni dove hanno passato la notte.
La prima lezione mi è piaciuta molto. Certo la situazione era un po' (tanto) underdog. 
Il corso si tiene in una delle ridenti cittadine della cintura di Milano (nera secondo dan, in questo caso). Per la precisione in una palestra di una scuola elementare. Non c'era il Parquet lucido, nessuna porta scorrevole di carta e legno niente fontane o giardini zen.
Il che non ti catapulta in ambientazioni tipo  "La foresta dei pugnali volanti" o "Hero", ma risveglia ricordi tipo quando alla tenera età di dieci anni andavi a giocare a minibasket e c'era puzza di sudore e scarpe da ginnastica del mercato di Papiniano.
A parte questo i compagni di corso si potevano dividere in due categorie: quelli vecchi che sapevano già il fatto loro di tai-chi e quelli vecchi che avevano appena iniziato. Degno di nota, tra i tanti, un signore che era la copia precisa del Senatur solo che funzionava tutto e si capiva quando parlava e una signora di sessant'anni che secondo me ci provava con il maestro.
La lezione è durata circa un'ora e mezza con un sottofondo musicale che non centrava assolutamente nulla. Il cd di Allevi. Io dico, fai le cose Cinesi e metti sotto Allevi? Come se in un corso di pizzaioli cinesi usassero il cd degli Acqua. Ma vabbè. 
In questa prima ora e mezza di tai chi abbiamo imparato a muovere una palla immaginaria nell'acqua. Cosa che mi è valsa una mezz'ora di insulti da parte della mia dolce metà. Però devo ammettere che alla fine, la lezione, oltre a una grandissima e irrefrenabile voglia di fumare, male alle gambe e un accenno di sudore, ha portato un senso di rilassatezza e pace che nemmeno dopo una cannetta.

(I commenti sono aperti a quelli che vogliono prendere per il culo il_gio per la storia del Tai-Chi. KM)

martedì 11 ottobre 2011

Alla nostra età


Sono ancora tutto dolorante da sabato. Non fatevi strane idee, non ho fatto nulla di strano, è che ho passato il pomeriggio inginocchiato per terra a costruire la cucina provenzale della mia nipotina.
Non gliel'avevo regalata io, non regalerei mai nulla che richiede una giornata intera di assemblaggio, però ho avuto la fortuna di doverla costruire.
Mentre attaccavo antine in legno di finti forni a microonde, nella mia testa ronzavano diversi pensieri "Che cazzo ha di provenzale questa cucina?", "Ma non ce l'hai un papà per queste cazzo di cose?!?", "Se continui a frequentare lo zio, imparerai un sacco di parole nuove. Per le quali ti cacceranno dall'asilo". Poi ho pensato "Chissà cosa la aspetta".
Già, chissà come sarà la vita della generazione della mia nipotina. Si, perchè la mia (vi ricordo che sono nato nell'ottanta) sembrava la generazione più fortunata della storia, ma si sta rivelando una merda.
Siamo nati nella Milano da bere degli anni ottanta, Il nostro futuro sembrava dover sfrecciare a mille all'ora sulle nostre Hot Wheels sgargianti. La generazione con più benessere dall'inizio dei tempi. Aldo Serena e Nicola Berti in Piazza Liberty. Poi abbiam finito le elementari, ecco gli anni novanta, grande fermento culturale, ma noi eravamo troppo piccoli per capirlo bene bene. Il grunge di Seattle, la radio della macchina dei miei mentre mi portano a scuola dice che Kurt Cobain ha tentato di uccidersi a Roma. I giochi in DOS. In quegli anni persino uno come Emanuele Tresoldi diventava un campione, in Championship Manager, a: cd cm dir .exe.
Al liceo si inizia a sentir puzza di bruciato. Stavolta Kurt Cobain ci riesce. La tragedia della difesa dell'Inter: Andrea Seno, Gialuca Festa e i fratelli Paganin. Siamo una generazione senza ideali, dicono gli ex sessantottini ai posti di comando. Però, hey, le cose vanno ancora alla grande, i cd rom, internet, il punk californiano, i NoFX, i Green Day, in Italia i Derozer (da cui il titolo...).
Al liceo siamo stati cavie di qualsiasi ministro dell'istruzione, corsi di recupero, una maturità diversa ogni anno, libri sempre nuovi che i tuoi non li riuscirai mai a rivendere al Libraccio. Quella stronza di prof di biologia che ci ha insegnato che "l'universo si espande in modo buffo" e poi è chiaro che ti scannano agli orali. 
Però c'è la bolla internet, la borsa sale, dopo l'università avrò un lavoro meraviglioso e un attico a New York.
Poi il test d'ingresso all'università, scoppia la bolla internet, merda, 11 Settembre, MERDA, la borsa crolla, MERDA!, esci da ingegneria e sei poco più di un perito, MERDA!!, stage con rimborso spese. MERDAAAA!!!
"Io alla tua età ero già sposato, con una casa e un lavoro". 
Mamma, papà, andate a fare in culo.
Avete distrutto tutto quello che la generazione dei nonni avevano costruito, vi hanno dato un sacco di possibilità e voi le avete prosciugate fino all'ultimo. Ci avete lasciato con più benessere, ma senza futuro.
La nostra generazione ha sfiorato tutto quello che c'era di buono, ma non gli è rimasto in mano un cazzo.
E non voglio parlare della crisi per non scadere in slogan del cazzo tipo "Non pagheremo la vostra crisi". No, cazzo, la pagheremo noi per forza e credo che questo ci renderà più simili ai nostri nonni. A loro differenza non abbiamo avuto la guerra, ma stiamo conoscendo la fame, se non di cibo, di sicuro la fame di speranze.
Quindi, nipotina, una delle speranze che mi sono rimaste è che tu sia più fortunata, giuro che penserò anche a te quando sarò grande. Si perchè oggi si è giovani sempre più a lungo. A trentun anni ancora devo iniziare a vivere veramente.
Intanto ho finito di avvitare antine, ti regalo questo pianoforte per bimbi. Suonalo più forte che puoi, almeno terrai svegli quegli stronzi di genitori che ti ritrovi che ti regalano le cose e poi non le costruiscono.
(Nella foto: un messaggio positivo per i miei coscritti.)

venerdì 7 ottobre 2011

Rachid paruchiere uomm




NOTA BENE. non ho alcuna voglia di rileggere quello che ho scritto. Chi lo fa di solito non c'è quindi porta pazienza per mispelling maiuscoleminuscole paroleattacate.
 Se leggendo questo post percepisci discriminazione/razzismo o affini sappi che non era ASSOLUTAMENTE E IN NESSUN MODO mia volontà offendere nessuno o schierarmi contro i nuovi milanesi e la loro tradizione o cultura.

Detto questo.


Si sa, Milano ospita un numero indefinito di extrecomunitari proveniente da vari paesi del globo terracqueo…abbiamo equadoregni in zona corvetto, egiziani e altri in zona maciachini, e altrettanti fratelli musulmani in zona giambellino. Abitando da quelle parti (piazza tirana nome omen…anche se a tirana non sono prprio mussulmani) mi rendo conto che via giambellino, sopratutto dall'incrocio del ponte di santa rita in giu verso appunto piazza tirana si è parecchio trasformata negli ultimi anni. con i suoi pro e i contro. se prima le case popolari erano ad appannaggio esclusivo dei vecchi emigrati (leggi terùn) oggi ospitano i nuovi emigranti.
Tutta quella parte di giambellino è diventata un piccolo prolungamento del paese di origine dei nuovi arrivati. Voglio sottolinare che a me questa cosa piace. Ho trovato un fast food (piccolo, di una vetrina) marocchino che fa dei piatti eccezionali a prezzi economicissimi, un sacco di kebabbari (però poca qualità) e altri simpatici negozi che ti teletrasportano nelle via di marracash o tunisi. 
Ieri avevo l'assoluta necessità di tagliarmi i capelli e siccome i mie amici ricchioni del negozio 100Vetrine (si, si chiama prorpio così.) erano chiusi, ho optato per Rachid (leggi Rashid) parrucchiere uomo donna e altri caratteri arabi che non so tradurre…Parto ovviamente prevenuto sapendo che le culture sono diverse non posso certo aspettarmi lo stesso "servizio" di un parrucchiere italiano. Iniziamo male con una botta di sfiga dove vengo preceduto all'ingresso da altri due avventori (fortunatamente solo uno si sarebbe poi fatto fare i capelli). Il negozio è ok, non è certo una boutique di un hair stylist francese (tipo quella in centro dietro piazza fontana dove è very cool avere un trans che ti taglia i capelli). Il buon Rachid sta servendo un ragazzo marocchino (proprio quello nella foto).Parlano tra loro insieme a un terzo ragazzo amico di quello che si sta facendo tagliare i capelli. La tv trasmette (non ho capito con che decoder…) programmi dedidcati alle acconciature marocchine (o per lo meno filo-arabe). In successione ho visto anche dei cartoni animati in francese e un avvincente match della serie A marocchina (ho chiesto per sapere che squadre fossero). Purtroppo l'attesa si fa lunga, per rasare a zero i capelli del ragazzo rachid ci mette tipo 40 minuti, usando il rasoio elettrico. Le tempistiche sono quelle che sono…si sa che dall'altra parte del mediterraneo si vive con ritmi più blandi. Ma cazzo 40 minuti per un taglio rasato…poi viene servito quello entrato prima di me un signore (sempre marocchino credo) con i capelli un po lunghi che decide di farsi rasare tutto intorno alla testa e lasciare un po di capelli sopra…anche qua andiamo per le lunghissime…Ho praticamente finito tutti i  modi di ammazzare il tempo (ho anche aggiunto il negozio su 4Square) quando entrano 2 signore, un ragazzino e un altro ragazzo che salutano Rachid e gli altri avventori. Per mia fortuna il ragazzo più grande è un altro parrucchiere che mi fa accomodare sulla comoda poltrona girevole. 
"eccome li fasciamo?" "ma ti direi un po più corti di così" 
non faccio tempo a finire la frase che afferra il rasoio elettrico e parte. Ecco un po più corti di così vuol dire esattamente  dire un PO più corti di così; non a zero.
Il fatto che fossi senza occhiali e che mi avesse alsciato i capelli lunghi sopra mi ha preoccupato non poco. Gia mi immaginavo di dover tornare a casa a sistemare con un rasoio il danno procurato dal ragazzo…alla fine però il buon rachid/2 si guadagna la pagnotta e mi tira fuori un bel taglio che alla fine ci sta prorpio…
10euro (senza shampo!!!!) scontrino e 1 ora nelle tradizioni del magreb.
Viva l'integrazione!

lunedì 3 ottobre 2011

Ricordi di gioventù


E poi c'era anche quel bambino strano.
Te lo ricordi tu il nome di quello lì? Dai, quello che stava sempre in prima fila, con la faccia smorta da segaiolo.
Passava le giornate a studiare e poi andava malissimo a scuola. Gli insegnanti non potevano neanche dire "è intelligente, ma non si applica" alla madre.
Si, che poi poveraccio, con la madre che si ritrovava. La vedevi fuori da scuola con vestiti appariscenti e sempre con un uomo diverso e nell'ingenuità di bambino ancora non sapevi bene cosa volesse dire il termine zoccola.
Massì, dai, quello che durante l'intervallo leggeva sempre i fumetti. "Da grandi poteri derivano grandi responsabilità" gli dicevamo per prenderlo per il culo, lui rispondeva sempre "Si però prima o poi avrò un potere così così e niente responsablità e allora potrò fare lo stronzo". 
Quel giorno l'ho picchiato, me lo ricordo bene perchè avevo la maglia con il numero 8 di Nicola Berti e lui mi ha detto "Ma lo sai che Nicola Berti è un ricchione e sta con Serena?".
L'ho costretto a calci a baciare la maglia, proprio sulla scritta felpata Misura. Ha detto che l'avrebbe fatta pagare a tutti noi interisti. Io gli ho infilato la testa nella tazza del cesso.
Che poi a lui il calcio piaceva, però era veramente negato. Quando si facevano le squadre veniva anche dopo il ciccione da mettere in porta, e visto che eravamo in numero dispari non poteva giocare.
Restava sulla panchina a bordo campo e diceva che faceva l'arbitro. Un po' come quelli che non hanno le palle o le capacità di fare il poliziotto e fanno i vigili, oppure non sono neanche esseri umani e fanno gli ausiliari della sosta.
Un giorno ha urlato "fallo" durante un'azione solitaria di Alfonsino, pluriripetente della terza b che faceva paura pure alle suore.
Alfonsino l'ha sollevato da terra per i capezzoli e l'ha portato in bagno, non l'abbiamo mai visto uscire di lì, ma quando è tornato Alfonsino si stava ancora pulendo le nocche sulla maglia nerazzurra che suo padre era riuscito a fare autografare a Pierino Fanna qualche anno prima.
Dopo quel giorno non l'abbiam più visto.
Dicono l'abbiano portato all'ospedale mentre ancora vaneggiava sulla vendetta e sui suoi poteri.
Dicono sia stato in cura anche per un po', ma che in fondo non sia mai del tutto guarito.
Non è mai venuto a nessuna pizzata di classe, alcuni dicevano che l'avevano visto in giro con una moglie che era la copia sputata della madre, zoccola uguale.
Nessuno ne ha mai sentito la mancanza.
Ogni tanto rispolveriamo la sua foto alle cene di classe.
Beh, con quella faccia lì si capiva subito che non era uno molto sveglio.
Chissà che fine ha fatto.